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Formarsi è meglio

Da alcuni anni se non decenni ormai la formazione continua viene riconosciuta, a livello nazionale ed internazionale. Riconosciuta come una strategia economica e lo è ancor di più nell’odierno scenario sociale. Caratterizzato da forte e repentina competitività e da una crescente se non velocissima variazione del cambiamento, per le imprese e per i lavoratori in genere. A spada tratta l’importanza dell’apprendimento permanente è fondamentale. Un recente report pubblicato da Manpower riporta che i risultati di un sondaggio condotto su quelli  nati tra il 1980 e il 2000 ad oggi. Rappresentano quella parte di forza lavoro già presente in azienda. Ma solo all’inizio della loro carriera lavorativa, indagandone la cosiddetta learning proposition.

Cosa deduciamo:

Dal report in questione si capisce ricerca e le esigenze formative richieste dal mercato di un segmento particolare di quella forza lavoro. Che, come mostrano le ricerche condotte sulle “generazioni” nei luoghi di lavoro. Presenta precise caratteristiche socio-relazionali, che impongono mirati e diversi interventi di formazione continua. Rispetto a quelli già rivolti agli adulti. Il sondaggio, che è stato condotto su circa 19000 lavoratori millennials di 25 diversi paesi. Conferma infatti che la rilevanza attribuita agli questi lavoratori degli investimenti in formazione continua. Il 93% dei candidati ritiene essenziale per la carriera un costante sviluppo di competenze. L’80% considera l’opportunità di apprendere nuove competenze un fattore importante nella ricerca di un impiego di lavoro. Il 93% ambisce al life log learning e desidera investire il proprio tempo e le proprie risorse in formazione.

Sempre più desiderosi di sviluppare ed adattare le loro competenze in modo veloce e flessibile

I millennials sono i principali portatori delle nuove esigenze formative, a cui i sistemi nazionali di “formazione continua” dovrebbero iniziare a guardare. In quanto essi non solo esprimono esigenze in quanto lavoratori oggi, ma soprattutto anticipano le esigenze e aspirazioni dei lavoratori di domani.

In Italia, la partecipazione degli adulti ad attività di istruzione e formazione, come attestato dall’ultimo Rapporto Isfol ha registrato un leggero miglioramento nel corso del 2014. Portando il Paese a raggiungere un tasso pari all’8%. Grazie soprattutto al coinvolgimento degli occupati e all’arresto della
caduta dell’investimento formativo da parte delle imprese. La distanza in termini di formazione rispetto ai Paesi europei rimane consistente. Registrando uno scarso investimento formativo a causa per lo più di caratteristiche strutturali del sistema produttivo italiano. E di una scarsa attitudine delle imprese a considerare la formazione un investimento.

In Italia

Guardando al sistema italiano della formazione continua, occorre ricordare che nel corso degli ultimi anni, a partire dalla crisi economica, si è assistito ad una progressiva erosione delle risorse ad esso dedicate. Le quali, sulla base di disposizioni legislative, sono state utilizzate per sostenere misure di politica passiva. In tale direzione sono andate le strategie di intervento dei due principali soggetti promotori di interventi di formazione continua. Che sono Regioni e Fondi Paritetici Interprofessionali. Guardando alle finalità dei piani finanziati e alle tematiche affrontate in essi, possiamo notare come queste non siano cambiate rispetto al passato, continuando a privilegiare la formazione per il mantenimento/aggiornamento delle competenze e la formazione obbligatoria. Tendenze simili si ravvisano anche a proposito delle tematiche, con la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro in posizione preminente, seguita dallo sviluppo di abilità personali e di gestione aziendale.

 

La formazione continua

Il sistema di formazione continua dovrebbe guardare ai nuovi modelli organizzativi e un’azienda. Utilizzando la formazione del personale come risorsa potenziale per poter ripondere alle richieste del mercato lavorativo.  E migliorare, così, la propria capacità di adattamento alle turbolenze dei mercati e alla diversificazione dei percorsi di carriera. Investire in workplace innovation. Cioè significa dotarsi di nuovi modelli e strutture di business, di gestione delle risorse umane, di relazioni con l’esterno e in particolare di un ambiente di lavoro dinamico. Come il voucher innovation manager. 

Al sistema della formazione continua, oggi e in futuro, sarà sempre più affidata la responsabilità di modellare, e rimodellare, costantemente la propria struttura.

 E l’offerta formativa secondo le eterogenee esigenze dei lavoratori e dei mercati. Per riuscire in tale intento, è necessario che l’offerta formativa subisca un cambio di passo e si trasformi da supply-oriented a demand-oriented. Ossia da un’offerta diretta dall’alto ad un’offerta calibrata sui fabbisogni formativi, approccio ancora poco diffuso nel nostro Paese.

La tradizionale formazione in Italia non decolla

Mentre la classica formazione continua è in difficoltà, i nuovi modelli si affermano nel tentativo di ovviare all’inefficacia delle politiche per l’incontro tra la domanda e l’offerta di competenze. Ne sono un esempio il fenomeno Makers, nel loro ruolo di innovatori. Le esperienza di reti territoriali che costituite da esperti scelti dal “basso” hanno lo scopo di sviluppare e accrescere opportunità occupazionali in linea con le peculiarità locali e le risorse presenti. I Fab Lab, i quali, nati come laboratori di produzione digitale, si sono trasformati nel tempo in centri di condivisione di saperi sia formali sia informali attorno. Ai quali si originano comunità legate al territorio ed alle sue esigenze. Come il mondo delle start-up, espressione di autonomia imprenditoriale e creatività.

Un chiaro concetto di formazione

É chiaro, allora, che il lavoro, in un futuro non troppo distante, sarà costellato da fenomeni del tutto nuovi sulla scia delle esperienze appena descritte. Il rischio a cui il sistema della formazione continua sembra andare incontro, è l’incapacità di intercettare, accogliere e sfruttare queste potenzialità, a causa di persistenti rigidità che impediscono al sistema di compiere quel salto di qualità atteso e giustificato dal proclamato riconoscimento dell’importanza della formazione